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La barbona della lavanderia


La lavanderia chiudeva alle dieci. O meglio, specifichiamo, la porta veniva chiusa alle 10. Le 10 pm. Chiusura automatica.

Un cartello nero su sfondo bianco, times new roman fascistissimo, forse anche bold, lo annunciava sul retro della porta. La multa era di 50 bigliettoni. Dollari. Bucks. Stronzi. AUD.
O meglio, questa era la cifra richiesta dal guardiano indecentemente seborroico per venirti ad aprire se rimanevi dentro.

La vecchia intanto continuava a ripetere bloody. Usava il fottuto aggettivo per qualsiasi cosa volesse esprimere. Gracchiando. Sputando in terra. Tremando.

Quando entrai lei stava dormendo. Immobile. Adagiata quasi completamente in una di quelle penosamente lercie poltrone dello stanzone. Era talmente piccola e magra che poteva quasi stendervisi completamente. Col cappuccio giallo in testa sembrava proprio un bambino.

Ma il fetore che emanava, quello no.

Il tatuaggio in carcere

Fantastico. Preso da www.kolima.it

"[...] Per eseguire un tatuaggio in carcere alla preparazione dell’attrezzatura lavora un gruppo di carcerati che di solito sostengono il tatuatore. Sostenere un tatuatore è un buon affare, perché un tatuaggio va sempre pagato con qualcosa e il tatuatore divide sempre la sua paga con chi lo ha aiutato nella realizzazione, quindi per alcuni è un modo per essere utili e rimediare una ricompensa. Per realizzare un tatuaggio in carcere il tatuatore ha bisogno di avere un ago con il quale incidere la pelle, l’inchiostro che deve iniettare sotto la pelle, della carta pulita per realizzare il disegno da applicare, un aiuto per preparare l’applicazione del disegno sulla pelle, un aiuto per pulire i residui del sangue e dell’inchiostro mentre esegue il tatuaggio, un aiuto per organizzare una luce decente per illuminare il posto di lavoro. La maggior parte di questi lavori vengono fatti dai detenuti che sostengono il tatuatore.

Gli aghi si fanno usando le corde di ferro della chitarra, che vengono fatte entrare in modo illegale nella cella attraverso la posta illegale carceraria che si chiama “via” oppure nascondendole dentro i pacchi che arrivano da casa. Gli aghi si fanno tagliando la corda a piccoli pezzi lunghi non più di tre centimetri, il taglio si esegue con il fuoco ossigenato, che si crea usando i fiammiferi e un tubicino di carta arrotolata, molto sottile e bagnato abbondantemente, così che il fuoco non lo brucia. Una persona con il fiammifero acceso tra le mani e il tubicino stretto tra i denti, portandolo molto vicino alla fiamma, quasi immergendolo dentro, soffia più lungo possibile con tutta la sua forza. A quel punto fiamma diventa potente, come quella di una saldatrice a gas, e un’altra persona mette sotto questa fiamma la corda che tira da due parti con le mani, quando il metallo diventa morbido, lui stacca un pezzo formando una punta perfetta, perché staccandosi, la corda si allunga fino a diventare talmente sottile che somiglia ad un ago. Con una quarantina di simili aghi è possibile eseguire attorno ai dieci tatuaggi di media grandezza.

Gli aghi tagliati vanno uniti insieme formando diversi tipi di punte, che possono avere o la forma lineare, o di doppia linea oppure quella rotonda per cui se è la punta più piccola di solito si usano dieci aghi, per quella più grande ottanta o cento. Per unirli si usa il filo strappato da qualche tessuto, con cui gli aghi vengono avvolti e intrecciati in un modo particolare, così che restano fermi e attaccati uno all’altro, come se fossero saldati. Poi la legatura di filo si rafforza con una colla che si fa masticando il pane. Con quella si passa sopra il filo e si lascia ad asciugare per qualche giorno in un posto caldo, di solito vicino al termosifone o al tubo del riscaldamento. La colla diventa dura come la pietra e gli aghi in questo modo restano ben saldi. Dopo questi aghi vanno inseriti da una parte dentro una bacchetta di legno fatta apposta, oppure se non si trova il legno, dentro il telaio di una biro, prima imbottito di piccoli pezzi di carta, che compressati, tengono saldi gli aghi alla biro.

In carcere è quasi impossibile trovare i fogli di carta per il disegno, per procurarli di solito si provvede a togliere le stampe d’inchiostro dai giornali. È un lavoro difficile e richiede una buona manualità e pazienza, bisogna bagnare poco l’indice e con quello passare leggermente più volte sulla carta di giornale, senza strapparla o bagnarla troppo, in questo modo l’inchiostro sparisce quasi, lasciando il foglio pulito, adatto per un disegno. Disegnare su questa carta è molto difficile, perché non è adatta ai tratti forti ed è quasi impossibile cancellare la traccia, per ciò il tatuatore deve cercare di tracciare da subito un’immagine perfetta. Si disegna l’immagine con una matita morbida, grassa. Dopo, sulle tracce della matita, dall’altra parte del foglio si passa con una biro, lasciando l’impronta più grassa possibile. In questo modo si prepara il calco del disegno pronto per essere trasportato direttamente sulla pelle della persona che va tatuata.

Per trasferire le tracce della biro sul corpo umano si prepara un liquido con acqua e sapone, se ne spalma sulla pelle uno strato molto leggero, deve essere leggermente appiccicoso e non tanto umido. Poi subito si appiccica il disegno e si aspetta qualche minuto, finché l’umidità della pelle insaponata assorbe l’inchiostro della biro dalla carta, poi si stacca il foglio dalla pelle, si aspetta ancora un po’ per farla asciugare, poi si passa con uno straccio, tamponando piano, per portare via dalla pelle i residui del sapone, altrimenti nel processo di tatuaggio entrerebbe nella ferita causando fastidio, provocando un prurito e a volte anche bruciore.

L’inchiostro per il tatuaggio viene preparato bruciando le suole di gomma delle ciabatte o delle scarpe, l’importante è che la gomma sia vera, non di plastica. Spesso si usano anche pezzi di pneumatici da bicicletta, che vengono spediti in carcere dagli amici in libertà, tagliandoli a cubetti e nascondendoli dentro i barattoli di marmellata, la marmellata viene mangiata e i pezzi di gomma vengono estratti, lavati e usati. La gomma viene bruciata a pochi centimetri sotto uno specchio o un pezzo di vetro, un bicchiere di ferro, una qualsiasi superficie liscia, ignifuga e impermeabile. Dopo la bruciatura sulla superficie rimane attaccato uno strato di resina, che viene raccolta con un pezzo di carta (oppure una lametta, se il gruppo possiede un tale tesoro proibito), va poi mischiata con l’acqua o con la saliva, cosi da crea inchiostri di densità diversa. Il più pregiato è il nero non diluito, che sembra lucido da scarpe, denso e forte, e lascia sulla pelle una traccia molto potente, segnata dal forte pigmento.

Quando si esegue tatuaggio, si usano tre stracci con i quali il tatuatore pulisce la ferita dai residui di sangue e inchiostro. Uno lo tiene tra le mani il tatuatore mentre esegue il suo lavoro, quando è troppo sporco, lo consegna al ragazzo che lava gli stracci e subito ne prende un altro dal ragazzo che sta sempre pronto vicino al tatuatore.

Per avere più luce i ragazzi usano un sistema di specchi che porta la luce del sole dalla finestra al punto dove si tatua, usando spesso qualche pentola lucidata se c’è in cella, oppure la carta stagnola dai pacchetti delle sigarette, unita in grandi fogli e incollata ai fogli del giornali. Di solito non ci sono mai abbastanza pentole, quindi si usano tutti i sistemi che hanno a disposizione.

Subito dopo l’esecuzione di un tatuaggio, la persona tatuata lascia al tatuatore e ai suoi aiutanti una serie di doni, una sorta di paga. Possano essere qualche pacco di tè, una o più stecche di sigarette, sempre dolci in abbondanza, caramelle, zucchero, miele, marmellata (in carcere carenza di zuccheri è altissima e ogni prodotto del genere è prezioso), se li ha può dare anche soldi. Il tatuatore di solito divide tutto tra suoi aiutanti, non esiste una regola precisa, ma il tatuatore prende circa il cinquanta percento, l’altra metà se la spartiscono i suoi aiutanti."

e sono ancora sobrio


"Vieni entra, siediti, ascoltami. Mi piacerebbe poterti dire che c'e' di meglio, ma non posso."
Finalmente riesco a capirti. Sprazzi di lucidita' in mezzo al bianco statico. Tanti la chiamerebbero stupidita', emozione temporanea, rabbia. Ma io lo so che si tratta della vera ragione che viene a galla e ti sbatte la coda in faccia. Aspettare che passi significa perdere un'occasione.
"Il fatto e' che, finita l'adolescenza, tutti i flussi ormonali che agiscono sul nostro umore si placano, e la nostra polpa rossa cervellifera inizia a comprendere, mentre si abitua alla calma, piatta, dell'individuo adulto".
Sento il cuore che batte forte, pulsa fino alle orecchie, il rumore e' assordante. Tiro su il bavero del cappotto per proteggermi da pioggia e vento che mi tagliano la faccia. Entro in macchina, spalanco gli occhi, urlo. AAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHH!!!!!!
Sbatto i pugni sul cruscotto, e ora che cazzo posso fare?
"Guarda verso il fondo della stanza, laggiu', nella penombra. Lo vedi? Quel pugnale appoggiato al mobile.. Non e' li' per caso, nulla e' lasciato al caso, non scordarlo mai. Tutto fa parte di un invisibile equilibrio, solo che noi non sappiamo comprenderlo".
Accendo l'auto bestemmiando, appoggio la mascherina sullo stereo. Le chitarre escono forti dalle casse piu' scassate del mondo, lancio l'auto in corsa sotto la pioggia che intanto sta' aumentando. Furtivamente 2 lacrime fuggono dai miei occhi.
"Appoggia il dito sulla lama, assapora il sangue che sgorga dalla lacerazione dell'epidermide. Pensa ad un buco piu' grande, senza fine, che ci risucchi entrambi. Avvicinati, cosi' ecco. Punta il coltello qui, all'altezza del mio cuore."
Il rettilineo sta' per finire, l'instinto di sopravvivenza mi suggerisce di frenare, io lo violento e continuo a spingere sull'acceleratore. Gard rail. Schianto.
"Si' spingi forte la lama dentro di me, cosi'!"
Vetri rotti, ovunque. Vedo..
"Si! vedo.."
Sento..
"Sento.."

....una luce...

Entropy is my fav drug



Sento tante di quelle stronzate dalla mattina alla sera che mi dovrebbero cascare le orecchie. Vedo tante risorse così sprecate  che aspetto solo mi implodano gli occhi. C'era un periodo in cui tutti si sentivano invincibili e nello stesso tempo compagni di vita. Poi arrivò qualcosa di incrontrollabile che riusci a indirizzare le nostre menti. I nostri pensieri si fecero più cupi ed egoisti, i nostri cervelli scricchiolavano sotto il peso di responsabilità materialistiche. Fra 50 anni non ci saremo più e a nessuno fotterà più un cazzo di noi. Ma la nostra auto abbisognava dei cerchi da 17 così come il nostro ego voleva compiacersi di una cinta di pelle di animale del valore di mezza giornata di lavoro. Rivestire il ruolo di pedina è tanto comodo quanto difficile è staccarsi dalle costrizioni sociali.
Dentro il bar del circolo Fantozzi, ragionavo con G.: "La gente si è talmente allontanata dalla sua natura umana, animale, primitiva e istintiva, che non riesce nemmeno più a reggere il freddo. Facci caso, basta che la temperatura arrivi vicino allo 0 per far sì che non si parli d'altro. Le ragazze se ne stanno a casa a fare le troiette su facebook, commentano le foto di qualche lampadato versione giacca e cravatta da discoteca L.A.,  che si fa tutte le foto poi è al Piper di Santa Croce sull'Arno. 
Il vento freddo della mattina in faccia e' considerato una tortura. E via tutti ad accendere termosifoni, stufette e coperte termiche che neanche mia nonna. 
Il freddo è natura cazzo. Il freddo è vita. Il freddo lo combatti smuovendo il tuo culone flaccido da posto di lavoro, non con la stufetta promozione Euronics."
G. mi risponde che a lui non gliene frega un cazzo, tanto ci beve sopra e il freddo lo scaccia comunque. E che non sono più i tempi delle comuni, la vita oggi si è spersonalizzata con i computer. E poi facebook ce l'ha anche lui. L'altro giorno, dopo i 3 negroni di default dell'aperitivo, torna a casa e nella chat becca M., quella della divisione marketing. Beh, inizia a farci lo stupido e scopre che si è appena lasciata col ragazzo. Gli faccio:" Esemplificativo della zoccolaggine che contraddistingue le donne. Ti lasci col ragazzo e lo sbandieri subito a uno stronzo alcolizzato che ci avrai parlato una volta in vita tu per chiedergli dov'è il suo capo che sei ansiosa di zoccoleggiare un pochettino con i quadri alti". A volte sono un po' maschilista, non me ne vogliate. 
G. continua dicendomi di fottermi e ascoltare. Dice che questa squinzietta tutta curve e creme per il corpo gli racconta che è a casa da sola e che, guarda un po', ha freddo. "Oh Oh, qual migliore occasione di mostrare alla porcellanosa nonchè porcellosa pulzella le proprietà riscaldanti di un bell'organo riproduttivo maschile?!", gli faccio. 
G. annuisce e socchiude gli occhi in un'espressione maliziosa testosteronea. Finisce il secondo Negroni, si alza per chiedere il terzo. Procedura standard. Dice 2 stronzate col barista, che ormai lo conosce e asseconda le sue uscite mentre gli miscela le schifezze quotidiane. Torna a sedersi. Mi racconta che a M. propone un bel film per la serata, tipica proposta che sottointende un film di merda qualunque come soundtrack di una scopata a sangue, e che lei annoiata accetta, tanto non aveva niente da fare. G. corre in bagno a lavarsi le palle, che nemmeno si ricorda più come si fa, controlla il condom nel portafoglio, e scappa nei soliti jeans logori da dopolavoro. Lei gli apre, in pigiama, "chiudi in fretta che entra il freddo". G. sorride, spavaldo. Per la strada si era fermato a fare rifornimento, un altro negroni. 10 minuti dopo sono sul divano con lui che gli infila la lingua ovunque. La serata finisce con lei in ginocchio con i capelli come Cameron Diaz in tutti pazzi per mary.
Faccio i complimenti al mio amico. Tanto di cappello. Una mezza tacca col contratto di formazione da 26 ore al giorno che si scopa la succhiacazzi del vice presidente di sta’ straminchia. “In culo a tutti i padroni!” urlo. Gli impomatati della bettoloccia mi guardano. Digrigno i denti e ringhio verso di loro. Ritornano ai loro insulsi racconti di scopate su facebook. Proprio come noi.
Attacco io ora: ”L’altro giorno ero a fare delle commissioni alla catena di montaggio. C’e’ una piccola area, squallida quasi quanto posto dove siamo ora, con delle macchinette automatiche. Caffe’ chimico, the chimico, merendine chimiche. Tutto nasce dalla giusta polverina. Insomma, quest’area e’ come una piccola fermata dell’autobus, ci sono le righe gialle intorno e molti sedili di plastica attaccati l’uno all’altro. Mi accorgo di essermi fissato su tale oscenita' e mi riprendo, scuoto la testa. 
Decido di andare alla fermata del bus a schimicarmi un caffe’ lungo da ben 35 centesimi. Mentre sono li’ a convincere il distributore ad accettare i miei 5 centesimi sporchi di ruggine e schifo indefinito, suona un allarme. Come gli allarmi di Venezia quando c’e’ l’acqua alta. Le sirene di Venezia quando c’e’ l’acqua alta sono quelle rimaste dalla seconda Guerra mondiale, ad annunciare le incursione aeree. La cosa che mi e’ subito venuta alla mente, alla velocita’ della luce, e’ “campo di concentramento”. Per come ho sentito raccontare di questi ultimi, almeno. Scopro invece che il cacofonico suono indica la pausa. 7 minuti.  Mi rilasso, visto che non ci saranno bombardamenti aerei per almeno 7 minuti. Un gruppo di tute blu si riversa nella fermata, proprio accanto a me. Aspettiamo tutti il tram che ci faccia risalire dal merdoso fondo della civilta’. Quello che cattura la mia attenzione, invece, e’ una ragazza. L’unica che non parli di GF, di sindacati, di malanni o di offrire caffe’ fake . 
L’unica rimasta accanto al robot che le ruba vita e risorse. E’ li, seduta composta nella sua tuta blu unita, assorta in un libro… 
UN LIBRO CAZZO!! Che stile old fashion, che stranezza, che innocenza, che genuinita’. Volevo buttarmi a terra e urlare. Non leggo un libro da mesi, non scrivo da non ricordo quando, ascolto i soliti cd perche’ non ho tempo per masterizzarne di nuovi. E la ragazza nella tuta blu, invece, occupa i suoi 7 minuti di pausa non pisciando, non introducendo merda nel suo corpo, non chiamando la piu’ stupida delle sue amiche per raccontarle che ha incontrato stocazzo. Ma leggendo. Un tomo. Assorta.
Forse qualcuno ragiona ancora con la sua testa. Forse il punk non e’ morto. Forse un giorno si ritornera’ a baciare la vita con la lingua”.
G. mi svuota la scolatura del Negroni addosso e scoppia a ridere. E ha ragione lui.

will-o'-the-wisp of a kitteh

La gente viaggia, e’ vero, ultimamente piu’ che mai. Sempre in movimento, come api impazzite. Si equipaggia di tutte le ultime tecnologie per sfruttare il tempo che quotidianamente usa per percorrere distanze.
Nervosismo. Mi mangio le pellicine fino a meta’ dito. Sento il sangue fuoriuscire, il dolore acuto, alcuni dei sette strati  di epidermide vengono strappati dalle mie mascelle nervose. Al di la’ delle dita, sono comunque impresentabile. Non riesco a stare in mezzo alla gente, ecco tutto. In treno, una signora  si siede accanto a me. Le faccio spazio togliendo il mio zaino dal sedile. Le chiedo come va. Poi inizio:
“L’altro giorno il mio amico A.E. ha bruciato un gatto in un sottopassaggio. Il micino se ne stava li’ a fargli le fusa solo qualche minuto prima, col pelo lucido da cucciolo e gli occhi mezzi chiusi in espressioni goduriose. A.E. inizia a legarli le zampe, sempre accarezzandolo. Gli lega le zampette prima a due a due, poi tutte insieme. Quando il micio si accorge che qualcosa non va e’ troppo tardi. Non potendo stare in piedi si agita come un serpente, a terra, tra i lordi rifiuti che i pochissimi passanti di quel luogo remoto han lasciato. Tira fuori i piccoli artigli, ma le sue difese sono oramai inutilizzabili. Emette dei suoni inumani, un incrocio tra le sirene che, in guerra, si azionavano prima dei bombardamenti per avvertire la popolazione, il pianto di un bambino e le unghie sulla lavagna.”
Intanto il treno prosegue, lento e costante, la tipica andatura del regionale. Guardo fuori dal finestrino, mentre il treno rallenta per l’approssimarsi di una stazione  Un brivido mi sale per la schiena per l’incertezza del futuro prossimo. Chissa’ dove dormiro’, stanotte. Mi volto di nuovo verso la signora. Continuo:
“Insomma il micio cerca di mordere A.E. con i suoi piccoli dentini aguzzi, l’unica arma rimastagli. Si vede di brutto l’istinto di sopravvivenza che gli anima le membra, lo sguardo, gli occhi gialli e intensi come ambra. A.E. ride, come un pazzo. Si scuote e balla come un invasato una musica inesistente con la sua sagoma magrissima e nervosa. Poi tutto d’un tratto smette, si fa serio, mi fissa per qualche istante. Dalle tasche dei pantaloni troppo larghi per lui tira fuori la bomboletta zippo. Si’, quella per ricaricare gli accendini. La svuota addosso al gattino, che intensifica la lamentela costante. Il micino riesce poi a trascinarsi via, verso l’uscita del tunnel, per qualche metro. Uno strascico di salvezza. A.E. lo fa arrivare fin quasi alla fine. Lo vedi che ci gode ad avere il controllo totale della situazione. Poi lo raggiunge e lo riporta indietro a calci. Deve avergli fratturato qualche costola, perche’ il gattino non ha piu’ l’agilita’ di prima, Il lamento si trasforma in rantolo. Forse e’ solo stanco di combattere, la lotta per la sopravvivenza, sebbene abbia una soglia piu’ alta negli animali rispetto all’uomo, deve averlo abbandonato. Il lucido pelo, cosi’ candido inizialmente, e’ nero di sporco e bagnato di benzina. Non c’e’ piu’ alcun tratto di bellezza in quel piccolo pezzettino di catena alimentare. A.E. mi guarda di nuovo, spalanca gli occhi, tira fuori l’accendino e da’ fuoco ad un pezzo di carta. La pubblicita’ di una catena di  negozi di computer. Chissa’ se, stampando quelle pubblicita’, qualcuno si sia mai chiesto se verranno usate per dar fuoco a dei gatti. Fatto sta’ che A.E. lancia il tizzone cartaceo addosso al gattino fradicio di benza, che prende fuoco come la diavolina di un barbeque domenicale. Il cosino infuocato inizia a fischiare, con un suono cosi’ acuto che mi entra nelle ossa. A.E. con lo sguardo interessatissimo si gode le trasformazioni chimiche dei tessuti dell’animale. La carne inizia a sfrigolare. La pallina di fuoco si muove come in un flipper impazzito arrivando fin fuori dal tunnel, fin nell’erba. Il tutto dura pochi minuti, poi smette di muoversi. La carcassa e’ nera, fumante, l’odore di peli e grasso bruciati e’ nauseabondo. A.E.  schiaccia i neri resti con un colpo secco di carrarmato dei suoi anfibi, sparpagliandoli. Mi guarda con un sorriso a trentadue denti.”
La signora del treno ha la faccia come ghiacciata,.Poi, quando finisco di parlare, si riprende e inizia a urlarmi addosso che sono un mostro. Tutti si girano a guardarci. Prendo il borsone e cambio carrozza, tra gli impropreri della donna.


Non aveva voglia di suonare. C’era la chitarra li’ vicino, ma per suonare c’e’ bisogno di volonta’. E lui non ne aveva. Non aveva voglia di scopare. Cioe’ zero,  neanche pensando a tutte le sue amiche vivaci e botticelliane succedeva qualcosa. Neanche immaginando le sue colleghe d’ufficio molto zitelle e maliziose, con la bocca stretta ke elemosinano e supplicano i suoi servigi. Nada, non funzionava. Non aveva nemmeno voglia di vedere gente, ma questo gia’ si sapeva, era scontato con lui. D’altronde non aveva mai voglia di vedere gente. Si sentiva di troppo, era come se il pianeta fosse troppo piccolo per lui e il genere umano. Tipo film western: ”Ehy, questo posto e’ troppo piccolo per entrambi!”. Non aveva voglia di leggere. O meglio, non aveva voglia di sbattersi per trovare qualcosa da leggere che si confacesse al momento. Avrebbe anche letto qualcosa, ma c'era bisogno del libro giusto, ed il libro giusto non sai mai qual’e’, a meno che tu lo abbia gia’ letto o abbia voglia di scoprirlo. Voleva leggere qualcosa di molto oscuro e crudo, qualcosa di estremamente inumano, ma scritto in buona prosa. Allora provo’ a dormire, quando non si sa cosa fare, dormire e’ un ottimo passatempo, quando ti svegli poi e’ ora di dormire ancora oppure di lavorare, e l’imbarazzo di quell’inoccupazione insostenibile scompare, puff. Ma non riusciva neanche a dormire. Allora decise di spogliarsi e, nudo come bel verme rosa, inizio’ a procurarsi dei minuscoli forellini in tutto il corpo con una manciata di aghi. Da ogni foro fuorisciva una piccola goccia di sangue. Nei punti piu’ vascolarizzati il fiotto sanguigno era piu’ abbondante. Quando completo’ l’opera, appoggio’ la sua sagoma rossa al muro, lasciando un’impronta a grandezza naturale. Poi desidero’ non essere mai nato. 

Venezia: Redentore 2010

Festa del Redentore: festivita' celebrata la terza domenica di luglio a Venezia. Sottotitolo: spacca di brutto. In pratica e' pazzia pura. Un po' di storia (copia incolla superveloce da wikipedia) 
La Festa del Redentore è l'evento che ricorda la costruzione per ordine del Senato veneziano (4 settembre 1576) della Chiesa del Redentore quale ex-voto per la liberazione della città dalla peste del 1575-1577, flagello che provocò la morte di più di un terzo della popolazione della città in soli due anni.
Alla fine della pestilenza, nel luglio del 1577, si decise di festeggiare con decorrenza annuale la liberazione, con allestimento di un ponte votivo.
Questa celebrazione diventa una tradizione ancora attiva dopo quasi cinque secoli.



Ma quello che su wikipedia non c'e' scritto e' che la festa e' follia totale: una citta' che si da' all'anarchia per una giornata. Costruiscono un ponte che da Zattere attraversa il canale e si collega con la Giudecca. Intorno arrivano decine e decine di barche private con a bordo gente di tutte le eta' pronte a fare festa. Mi sono stupito nel vedere bagni chimici a bordo di barche e chiatte (perche' comunque si fermeranno li' per ore). C'e' chi dalla mattina tiene il posto sulla riva della Giudecca per il proprio tavolo o asciugamano o qualsiasi cosa, dove poi la sera' mangera' e berra' a volonta. Ognuno prepara qualcosa, per cui verso sera c'e' il delirio con gente che passa ai tavoli di tutti a mangiare, scambiare 2 chiacchiere e sopratutto bere. Ci sono ubriachi gia' dalla mattina.


il ponte provvisorio


la riva della Giudecca

Verso le 11 o giu' di li' ci sono i fuochi d'artificio, lo scopo di arrivare cosi' presto e mangiare sulla riva e' proprio quello di riuscire a goderseli nel migliore dei modi. Migliaia e migliaia di euro spesi per inquinare in modo assurdo un canale che gia' ha un piede nella fossa; ma bisogna ammettere che lo spettacolo e' suggestivo: non capita tutti i giorni di vedere cascate di luci sparate da barche, con background piazza San Marco.

8.30 pm: no il vecio non ha infartato, solo s'e' bevuto anche il canale

La paura nei occhi

fuochi 1


fuochi 2

Dopo i fuochi le famigliole se ne tornano verso casa, ed inizia la festa notturna. C'e' qualche sound system qui e la', mentre il vino abbonda ancora. Verso mezzanotte si adocchiano gia' i primi morti, addormentati in modo scomposto in mezzo all'immondizia. C'e' chi si da alle sveltine sul pianerottolo di casa (c'erano 2 che lo facevano in una piazza, tra i bambini che giocavano e la gente che se ne tornava a casa incurante!) e chi inizia a ballare e andra' avanti tutta la notte. L'altra possibilita' (probabilmente la piu' gettonata, ma che io personalmente non ho seguito perche' mentre ci si stava avviando e' arrivata una semi-tromba d'aria) era andare al Lido a fare il bagno per concludere la serata. 
Soundratck ufficiale della serata vino rosso per tutti (e vodka redbull, per me).

La festa del Redentore richiama la peste..altroche'!

Till Death Make Us Party!!

I furbetti del quartierino

aMonG tHe dEaD

salve a tutti e benvenuti all'ennesima puntata di "dire la mia e' un mio diritto, quindi intaso internet di puttanate".  oggi volevo affrontare un tema tanto caro ad adolescenti brufolosi un po' nerd ma anche ai bulletti della scuola. ah, e anche a parecchia gente un bel po' piu' vecchia di questi. ah, e anche a dei miei conoscenti. si ' ecco ce ne saranno poi anche altri, di sicuro.


Qualche anno fa, quando la rivoluzione dei blog stava prendendo piede, tutti pensavano che internet servisse a qualcos'altro oltre che a farsi dei gran segoni con youporn. tanti "alternativi" pensavano di poter dar voce alle loro idee e condividerle con gli altri utenti. le tipe invece colsero subito l'occasione per scambiarsi le ricette delle maschere facciali all'uva passa e cetrioli. non tutte le ragazze, ovviamente, non generalizziamo: la restante parte si faceva delle foto mezze nude da mettere su myspace per cercare un aumento di autostima direttamente proporzionale alla inutile e banale vita sociale che si ritrovavano. io, personalmente, adoravo navigare su youporn con sulla faccia una maschera ai cetrioli di bosco mentre uploadavo su myspace fotomontaggi della mia faccia sul corpo (e non solo) di "the italian proud" rocco siffredi. pero', nel tempo libero (cioe' tra un caricamento e l'altro di youporn) cercavo qualcosa di nuovo, volevo un blog, volevo esprimermi e costruire qualcosa. ma pensavo in grande, non volevo un diario virtuale sul quale scrivere quante volte andavo in bagno o che le tipe non me la davano o chesso' che mi piacciono i tortellini crudi. quello potevano farlo benissimo gli altri. volevo fare prosa di rivoluzione, volevo condividere pazzia e carnevaleschi sfoghi incoerenti. cosi' prendo e vado a parlarne con un mio amico. egli era molto scettico a riguardo. ricordo che con diffidenza mi chiese cosa ci si doveva scrivere in codesti nuovi cosi di internet, quanto costava la telefonata, cos'e' la gonorrea e se avevo una cartina. cercai di rispondere a tutte le domande  e gli diedi la cartina. con la torcia tra le mani discutemmo a lungo della mia proposta. il mio amico mi disse che al momento non aveva tempo, ma che ci avrebbe pensato. passo' del tempo, io continuai a leggere blog qui e la' e a sognare di crearne uno diverso, collettivo, a cui tutti avrebbe potuto partecipare a patto di essere fighi come me. il mio amico non lo vidi per diverso tempo. poi un giorno mi arrivo' una mail in cui diceva di aver aperto un blog...
la morale e' che io ora scrivo su questa pagina qualche cazzata che mi passa in testa, ma che non ha nulla di rivoluzionario o lontanamente vicino al mio progetto iniziale. il mio amico continua anche lui a scrivere, e non spetta a me giudicare la validita' del suo blog. ma so che neanche lui e' vicino a quel che io avevo in mente.
quindi bambini non vi fidate di nessuno perche' poi a forza di calci in culo vi viene la corazza dura come la mia e vi tocca fare i rapper del ghetto. io vi ho avvertiti

A volte ritornano: in biblioteca a Macerata

Qualche giorno fa ero in biblioteca, a macerata. Mattina presto. Un tizio prende e si siede di fronte a me. Avevo le cuffie nelle orecchie, i RATM per riprendermi dal sonno. Il tizio si muove grossolanamente per attirare l'attenzione. Nessuno lo caga. Io studiavo storia dei paesi islamici, un libro sul fondamentalismo islamico, Radaelli. Il tizio mi chiama. Non lo avevo mai visto prima. Mi tolgo le cuffie, e quello mi chiede cosa sto' studiando. Non ho mai conosciuto nessuno nella biblioteca di macerata, tutti sembrano troppo impegnati a commentare i vestiti di chi entra o a inventarsi status di facebook per interessarsi del vicino. Contento del diversivo, rispondo alla sua domanda. Mi chiede se puo' guardare il mio libro. Glielo passo. E' un libro illustrato, bello pieno di immagini, alcune anche forti, guerra e sangue, fondamentalismo insomma. Il tizio sfoglia. 3 pagine. Esclama: "Che schifo!". Io inizio ad alterarmi. Ma non lo lascio vedere. Mi restituisce il libro. Nel frattempo ho perso qualsiasi interesse verso il mio interlocutore. Mi rimetto le cuffie. Il tizio mi chiama. E' magro di brutto, faccia smunta, carnagione bianchissima, rachitico, con occhialetti neri e capelli corti biondi. Anonimia incarnata. Faccio finta di non sentirlo. Ma lui non demorde. Continua a cercare di attirare la mia attenzione. Mi tolgo le cuffie, alzo gli occhi. Gli chiedo: "Che vuoi?". Mi chiede cosa studio.
"Relazioni Internazionali".
"E cosa vuoi fare dopo?".
E mentre il mio cervello pensa "Fatti i cazzi tuoi stronzo", la mia bocca pronuncia un neutrale "Non lo so" con il quale, evidentemente, pensava di poter risolvere la situazione e chiudere il discorso.
"L'ambasciatore?"mi fa il tizio.
"Chi lo sa, forse" rispondo io. Neutrale, di nuovo.
Il tizio mi scruta e dice:"Come fai te a fare l'ambasciatore?! haha".
La cosa puo' anche essere vera, e molto probabilmente lo e'. Fatto sta' che lui non si deve permettere di dire cose del genere. In questo momento sono molto alterato. Il tizio deve averlo capito.
Cerca di riprendersi, ha capito che mi fatto incazzare. Mi fa:" Beh per esempio, potresti anche fare il giornalista. Ci sono molti bravi giornalisti da cui potresti prendere esempio. Guarda emilio fede...". Al che io scoppio a ridere. Gli faccio"si bella questa!" pensando stesse facendo ironia. Non puo' esistere gente che pensa che fede sia un valido giornalista. Questo era l'assunto su cui mi basavo.
Mr. Anonimo ci rimane male pero'. Mi dice che fede ha anche lavorato in Rai ed era direttore nel '79 e... Ed io lo interrompo "Ma dai siamo seri su, fede e' l'incarnazione lampante della mediocrita' che trasmette su un canale che non deve nemmeno esistere!". Il tipo si scalda. Inizia a dirmi:"No, ma perche' VOI la pensate tutti cosi', e invece VOI...".
Io non riesco piu' a seguirlo, la testa si scalda e quasi mi va via la vista. Mi sembrava di sentir parlare il berlusca. Non pensavo esistesse davvero questa pratica, questa convenzione sociale, questo modo di rivolgersi a chi la pensa diversamente da te con quel pronome, quel "voi", che associa la controparte ad un gruppo altero, lo ghettizza senza definirlo, solo col proposito di allontanarlo. Pensavo fosse un giochino inventato da berlusca, una di quelle cazzate tipo cantare le canzoncine e far le corna, per esser simpatico a casalinghe e zitelle attempate. Quel giochino di chiamare tutti VOI, COMUNISTI o quello che e'.  E invece il tizio biondino dal fisico terzomondista stava facendo la stessa cosa, li' davanti ai miei occhi, rivolta a me.
Il sangue mi ha ormai invaso il cervello.
Lo blocco e gli dico:"Scusa VOI a chi?! Te non mi conosci, non mi hai mai visto, non sai chi sono ne' come la penso..."
E lui:"si' pero' VOI..". Al che sbrocco. Gli faccio:"Senti, vaffanculo. No, ascolta, capiscilo, leggimi le labbra, vaffanculo. Chi ti conosce, sfigato. Ah, ti conviene stare zitto, subito."
Tutti ci guardano, io prendo i miei libri e mi sposto. Altro tavolo, lontano dal mediocre mangiamerda. Gli altri continuano a fissarlo. Mr anonimo abbassa lo sguardo su un vocabolario di italiano. "Ha proprio bisogno di imparare qualche parola nuova..", penso.

Voglio qui postare un video riguardante quel gran giornalista di fede, veramente una persona rispettabile. Soltanto una delle innumerevoli testimonianze che si possono trovare nella rete riguardo il rispettabilissimo giornalista.
Buona visione

RaNdOm come la neve ke cade



Ke tristezza stamattina.. eppure il sole fuori splende, ad ogni modo, a me cmq nn vengono le parole… sara’ stato il fine settimana, con tutto l’oppio dei popoli ke si poteva…  eppoi qnd sn triste ho freddo.. e’ facile capire ke ho qualcosa ke nn va, basta osservare il mio abbigliamento… e poi e’ anke colpa tua, ke nn ti capisci ed in cambio odi me..

“Prima di portare a termine un incarico cerco di dormire molto e il modo migliore per farlo e’ evitare i sogni, quei territori in cui veniamo portati senza che ci sia chiesto se vogliamo andarvi”.

I poveri hanno fame e I ricchi appetito…

“Anch'io credo. Credo nelle rovesciate di Bonimba, e nei riff di Keith Richards. Credo al doppio suono del campanello del padrone di casa che vuole l'affitto ogni primo del mese. Credo che ognuno di noi si meriterebbe di avere una madre e un padre che siano decenti con lui almeno finchè non si sta in piedi. Credo che un'Inter come quella di Corso Mazzola e Suarez non ci sarà mai più, ma non è detto che non ce ne saranno altre belle in maniera diversa. Credo che non sia tutto qua; però, prima di credere in qualcos'altro, bisogna fare i conti con quello che c'è qua: e allora mi sa che crederò primo o poi in qualche dio. Credo che se prima o poi avrò una famiglia sarà dura tirare avanti con trecentomila al mese, però credo anche che se non leccherò il culo come fa il mio caporeparto difficilmente cambieranno le cose. Credo che c'è un buco grosso dentro, ma anche che il rock n’ roll, qualche amichetta, il calcio, qualche soddisfazione sul lavoro, le stronzate con gli amici, bèh, ogni tanto questo buco me lo riempiono. Credo che la voglia di scappare da un paese di ventimila abitanti vuol dire che hai voglia di scappare da te stesso, e credo che da te non ci scappi neanche se sei Eddy Merckx... Credo che non è giusto giudicare la vita degli altri, perchè comunque non puoi sapere proprio un cazzo della vita degli altri. Credo che per credere, certi momenti, ti serve molta energia.”

piccola storia ignobile

La storia che segue e' frutto di fantasia
tutti i personaggi e le situazioni sono inventati
nomi di luoghi e persone sono fittizi

Nessun animale e' stato maltrattato
per la realizzazione del seguente racconto

al massimo qualche parola e aggettivo

Ecco quanto:

Non so che ore sono
Non so la data
Non so che giorno e'
















Tunz Tunz Tunz
Per ora so solo che... TRIP TRIP
TRIP abbestia, in tutte le salse, TRIP
T.R.I.P. Il trip nn e' mai trop T.R.I.P.

Ci stiamo ancora riprendendo dall'ultimo vaggio in spiaggia.
















Antonio post-trip e' fantastico: non dormendo da tipo 30 ore , sotto trip, alle 6 di mattina esce dal sacco a pelo e si PRECIPITA verso una signora che dice di aver visto nuda.
















Descrizione della scena da prospettiva esterna:  Antonio si dirige verso la signora con indifferenza, quasi fischiettando e ostentando noncuranza. La signora lo vede, si riveste in tutta fretta, fa per andarsene guardandosi in giro.
Antonio guadagna 5 metri preziosi, probabilmente cambia anche il motivetto che sta' fischiando. La signora indugia... Con la coda dell'occhio indaga. Poi, repentinamente, se ne va. Antonio, con estrema indifferenza e sicuro di se', improvvisa una virata e la segue. Gli sguardi dei due si incontrano: lei ha l'asciugamano rosa pulito e lo spirito di chi si alza alle 6 di mattina per fare il bagno nell'oceano; Antonio ha la stessa maglietta da 6 giorni, la barba di Bud Spencer e lo sguardo di un maniaco particolarmente virtuoso.
A questo punto c'e' il ritorno (inaspettato) di Antonio verso di me, gli occhi stralunati e lo sguardo contratto. Esclama: "Matte', quella ragazza e' quasi piu' pelosa di me, c'aveva la barba veramente piu' lunga!".

Risate



Dalla distanza, vediamo la tipa allontanarsi. Antonio mi guarda con la faccia di chi la sa lunga. Una nuova idea subitamente si accende tra le lampadine del cervello fulminate dal trip. Mi fa:"Anzi aspe', adesso la seguo proprio!". Parte verso la ragazza-donna barbuta che, accorgendosene, rallenta per essere raggiunta. Il pubblico in platea si morde le mani per la suspance che la scena sta' creando. Il secondo atto si chiude con la ragazza-donna barbuta che si infila in un angolo fuori-stage, ed Antonio che la segue.
Dopo pochi minuti ritorna. Nella sua faccia leggo un'espressione nuova, che la disperazione cui abbiamo partecipato finora non aveva ancora rivelato. Mi fa:"Matte', mai mi era successa una cosa del genere. Quella tipa mi ispirava tenerezza e schifo insieme. Allo stesso tempo. Voleva portarmi a casa, e me ne sono scappato!!".




Pochi minuti dopo prende e va verso l'altra "unica persona sulla spiaggia alle 6 di mattina" a parlare del piu' e del meno...
E questo, cari signori, e' l'Antonio post-trip alle 6 di mattina a Byron Bay, sghembo, obliquo, storto e puzzolente, ma maledettamente elegante tra le onde e l'alba...


Addio. Addio… è un bicchiere levato…
Un’atrocità più che un saluto. Avete mai provato a dire addio a qualcuno o qualcosa? Cioè, intendo deliberatamente? A volte in questa sciagurata vita capita che si debba abbandonare qualcosa, che si perda qualcuno, ma quasi mai ciò accade deliberatamente. Non ci si pensa, un giorno arriva la brutta notizia e BAM, si affronta la realtà, così com’è, senza fronzoli jazzistici, non so se mi spiego.
Essendo la mente umana tanto ottusa da non riuscire a comprendere il concetto di “finito”, riferito ad una lasso di tempo, che chiameremo vita, che è comunque destinato a finire, anni prima o anni dopo, a seconda del soggetto, gli esseri umani credono fermamente nella reversibilità di qualunque fenomeno, ergo non valutano bene le conseguenze delle loro azioni, confidando in un concetto di “futuro” molto vicino a quello di “infinito”, per cui ad ogni conseguenza spiacevole sarà possible applicare un cosiddetto “rimedio”.
Non so se mi spiego.
Brutte notizie oggi per me, gente. Qualcosa muore oggi, nella mia anima. Oggi provo cosa significa dire addio deliberatamente, volontariamente, fottutamente.
Però da bravo essere (poco) umano quale sono, credo ancora nell’infinito.

aNfiBozZi


Ricordo con nitizedda la prima volta ke comprai gli anfibi. Facevo forse la quarta elementare e a quei tempi le mode Ed I desideri si diffondevano prepotentente e rapidamente,proprio come malattie contagiose, come la febbre a di ora. Insomma qst ragazza,qst bambina, della Mia classe un giorno entro' con indosso quelle scarpe cui l'alone leggendario di mistero aveva preceduto la visione concreta.. Subito cominciammo a chiedere se erano originali. Nn so bene, e nn lo sapevo nemmeno allora, cosa definisse quella cosidetta originalita', ma era decisamente un criterio importante. La Mia compagna rispose ke si, erano originali, senza addurre prove evidenti. Bastava la loro presenza alla conferma. Avevano 2 fibbie in cima,erano di colore nero, lumghezza alla gamba di poco superiore alle oggi conosciutissime dr martens. Arrivavano poco sopra la caviglia. Insomma ricordo di aver pensato ke in un modo o nell'altro dovevano essere mie. Dopo varie settimane di fare il bravo (si qll settimane in cui I genitori promettono qualcosa ai figli in cambio di nn uccidere,nn smazzare più di tanto,nn andare a prostitute ecc)mio padre mi porto' al negozio degli anfibi. Fin da subito qualcosa mi parve strano, ma ehi,qll era il negozio indicatomi dalla Mia compagna, I cui anfibi erano inconfutabilmente originali. Dicevo, qlcosa puzzava perke' il suddetto negozio vendeva scarpe per bambini, nn per ribelli senza causa con gli anfibi,come io mi definivo. Ma appena la commessa mi mostro' le mie future creature, ogni dubbio scomparve: cazzo,erano originali!! La commessa era una ragazza rilassata e scocciata Sui 20 anni, ke indossava anfibi lei stessa. Si rivolgeva a mio padre guardandolo dritto negli occhi senza remora alcuna, dandogli del tu e condendo le frasi con aggettivi ke a me erano stati proibiti, del tipo spacca, figo, mega e rivoluzionario. Sentivo ke sarei e
entrato a far parte di un gruppo comprando quella tipologia di scarpe. Un nuovo mondo mi aspettava, pieno di grandiose utopie e imsaziabili desideri. Le provai. Allacciarle richiese 20 minuti buoni. Mi guardai allo specchio con il pantolone ancora su al ginocchio, dove lo avevo tirato per indossarle. Erano fantastiche ai miei piedi. In quel momento I ji ai joe erano dellemezzeseghe omosessuali,e man una puttanella con la candida e batman un idiota mascherato. Solo maldini rimaneva un grande in qnt il sottoscritto da piccolo era fottuto per il calcio. Ma, ahime, la commessa rapidamente venne verso di me a trafiggermi I sogni. Gli anfibi, mi disse, nn vanno Mai messi sopra il pantalone,abbassalo subito. Ubbidii. I pantaloni coprivano le fibbie e la parte superiore degli anfibi nn lasciando intravedere nulla. Ero perplesso. Tutta la mascolina prepotenza della struttura anfibia scomparsa, la scarpa sembrava una brutta copia delle timberland. Ma, km tutt'ora a volte mi capita, diedi ascolto all'esperta, dicendomi ke una tipa come qll di sicuro sapeva il fatto suo. Mi abituai a portare I pantaloni sopra gli anfibi, ma la Mia anima soffriva. Qll scarpe, nn le stesse visto ke comsumo un paio di scarpe ogni 3mesi, di anfibi forse ogni 6, ma quel modello di scarpe mi hanno accompagnato finora. Mi ricordo ke verso le superiori andavano invece di moda le cult, rispettabilissime nella loro peculiare forma e con la punta di ferro. Ne avro' avute 10 forse più . Le amavo. Prendevo a calci muretti fino a liberarne la punta di ferro. Ci ho aggiunto scritte, lacci fosforescenti e spagliati, lucchetti e catene. Campeggiano tutt'ora nel mio cuore e mi kiedo ke fine abbian fatto. Ora indosso invece scarpe da lavoro. Raben, prob false comprate dài cinesi. Hanno la suola a carrarmato antiscivolo a prova di olio. Ah, e la punta di ferro. L'altro giorno nn mi Han fatto entrare in un locale per via delle scarpe. Mi Han detto ke se cadevo, kn qll scarpe avrei fatto male a qualcuno. Subito mi sn girati I coglioni, ripensandoci ne vado fiero. La Mia affezionata punta di ferro...

TOGLIETEMI TUTTO MA NON IL MIO RAIL




la gente crede che surfare la neve significhi chalet, bombardini e grappe a manetta, trippa con fagioli al rifugio, sorrisi e tintarella.
nn e' cosi. o meglio, non solo.
quello si chiama.. nn lo so come si chiama, ma di sicuro nn ha niente a che fare con lo snowboarding. quello e' cazzeggiare, spender soldi e passare una domenica differente. E' raro vedere rider seri in giro la domenica, a meno che, per lavoro studio o altro, nn facciano di necessita' virtu'. perche' la domenica in montagna ci vanno tutti.
a meno che nn ci siano contest o abbian voglia di perder tempo.
a meno che una bella figa nn gli abbia chiesto di andare a sciare la domenica.
a meno che un rider serio nn abbia voglia di cazzeggiare anche lui.
lo snowboard implica un frame intorno che e' uno stile di vita. E' tremendamente duro x chi nn ci ha fatto l'abitudine.
segue la logica del NO PAIN NO FUN.

di solito la giornata tipo inizia mooooolto presto, dipende poi da dove si vuole andare a sciare. Per noi del centro italia la situazione nn e' proprio rosea, per andare in un posto decente impieghi sempre dalle 3 ore in su. 3 ore di macchina. autostrada. benza. guidare. cerchi sempre qualcuno con cui andare. e a meno che nn trovi un pazzo furioso fissato come te, devi sempre arrangiarti. chi nn ha la fede nn e' disposto al sacrificio. e quindi andrai sempre con persone diverse. ti porterai dietro principianti e meno principianti. ma a te nn importera' perche' una volta sulla neve niente importa piu'.
la sveglia e' sempre presto, molto presto, troppo. andando in bagno saluti i conquilini che tornano dalla serata precedente e che ti chiedono dove cazzo la prendi la voglia.
la sera prima di solito fai festa, perche' andare a snowboardare e' un rito, e il rituale prevede la festa della sera precedente.
quindi con le palpebre ancora serrate accenderai il computer, cercando di capire dove cazzo hai messo quel video figo di snowboard che hai scaricato la settimana scorsa, quello con la musica punk e hip hop, quello dove i tipi vestiti tutti colorati si buttan giu' dalle dighe con un backflip con una semplicita' neanche stessero prendendondosi un caffe'.. quello dove hanno le giakke lunghe fino alle ginocchia. quello dove la sera prima se la prendono grossa perke' snowboardare e' una festa. lo trovi. lo metti. la musica alta x la mattina alle 5 nn svegliera' mai i tuoi conquilini, tutti trp fatti.

inizia la giornata.
colazione pesa, hamburger e uova e spremuta, la musica ed i tricks nel video smuovono l'adrenalina sopita.
carichi l'mp3, la cuffietta e la mascherina dragon con annesso morso di cane, snowboard e scarponi in macchina. tutto ancora bagnato dall'altra volta. tutto che puzza come i guantoni della palestra di boxe amatoriale di macerata. cosi' ci piace. passi a prendere tutti, naturalmente fanno ritardo e gia' ti incazzi.
ma poi si parte, si ride si scherza si dice cazzate e di solito passa sempre qualche joint.
e sn appena le 7.
dopo innumerevoli soste negli autogrill per funzioni biologiche arrivi. la salita per gli impianti e' bella pesa, la macchina e' a metano con 5 persone dentro + tavole. metti la seconda, poi la prima. se c'e' la neve per strada tanto meglio, la makkina ke slitta da' gusto e veder la gente che sbianca nn ha prezzo. no mastercard al massimo gli spicci. e ci sei finalmente. ti spogli nel parkeggio per cambiarti a maniche corte con le famigliole che ti guardano tipo rambo, chiudi tutto nel bagagliaio perche' esistono anche i ladri di mutande sporche. sali in seggiovia. ti sistemi l'mp3. la musica e' quella del video di prima.arrivi in cima.

If your gonna be dumb, you gotta be tough
When you get knocked down you gotta get back up,
I ain't the sharpest knife in the drawer but I know enough, to know,
If your gonna be dumb, you gotta be tough

la montagna e' fatta per essere interpretata. nn basta scendere seguendo la pista. nn basta evitare gli altri. devi scrivere sul tuo pezzo di carta, che in questo caso e' la neve. devi esprimere la tua creativita'. l'immensita' delle possibilita' potrebbe impaurire ed imbarazzare. con i salti fai l'amore, perke' vanno rispettati e corteggiati, altrimenti potresti finire MOOOLTO male, le discese vanno sedotte e scopate con violenza, alla montagna ti inchini e porti rispetto, dei fuoripista devi aver timore, affrontandoli con determinatezza e lucidita'.

ineliminabili sn la redbull e i joints in seggiovia, panino salsiccia e formaggio a meta' giornata, la ricerca di uno snowpark aperto, la gioia della neve fresca, cadute varie x cazzatine e il trick che ti riesce quando meno te lo aspetti, superare gli sciatori nelle piste nere, lo skipass che si piega o smagnetizza, la gente che ti manda a cagare e quella che ti urla dalla seggiovia, sciare il massimo che puoi anche mangiandoti l'unico panino della giornata in seggiovia x risparmiare tempo..

lo snowpark e' il sogno di tutti gli snowboarder del centro italia, dato che tra disorganizzazione e intemperie mancate da qst parti e' veramente difficile sfruttarli. solo nei centri piu' grandi e organizzati si ha un impianto di risalita dedicato. per il resto, ti stakki la tavola e risali a piedi. si faticoso, esatto. ma e' un buon allenamento per le gambe. cmq, la musica c'e' sempre.

la giornata finisce, e te con gli occhi ancora sognanti ritorni alla macchina, becchi gli altri. bella raga, respect. 3 ore di macchina (minimo) col culo bagnato e rotto dalle cadute che ti cullano verso casa, il riscaldamente appalla, gli altri ke dormono e la puzza di piedi e guanti.

Sometimes I don't know if I'll make it
Sometimes I wished I could walk away
Sometimes I don't know if I'll make it through
But you know I'm gonna do it anyway


Qst e' per me lo snowboard, una delle poche cose in cui abbia mai creduto. quello che si prova nn e' facile da spiegare, ne' da provare..


talk less, ride more!!

                                                   
Un giorno, quel giorno in particolare, ero a casa, ascoltando musica e cercando molto blandamente di studiare per un esame di diritto pubblico comparato. Osservavo il cellulare a intervalli regolari, sempre più ravvicinati. Un bisogno di contatto, la necessità di sentirti voluto e ricercato. 

La verità è che le cose succedono sempre quando non te le aspetti, mai quando le cerchi. 

E infatti quel giorno di cui parlo non chiamò nessuno. Il cellulare rimase silente tutto il pomeriggio, mentre la drum n bass accompagnava lo sfuggire del tempo. E’ una cazzata che il tempo scorre. Il tempo fugge cazzo. Te gli corri dietro a perdifiato, e lo stronzo non ti caga nemmeno, metri davanti nel circuito della vita. E le persone hanno diversi modi di adattarsi alla situazione. Intendo allo sfuggire incalzante e inarrestabile della maledetta cosa astratta e figurativamente misurabile tramite scala artefatta inventata dall'uomo. Quella roba chiamata età, periodo, fare, temporaneità, opportunità, esistenza, a seconda dei casi. 

C’è chi si innamora dei ricordi, e passa ore e ore ogni settimana a riguardarsi le foto di qualche anno prima, con qualche stupida musica malinconica del cazzo di sottofondo. C’è chi non fa altro che pensare alle cremine da viso, alla palestra e all’estetista per far finta di esser quella o quello di sempre. C’è chi scrive libri sui propri ricordi. C’è chi se ne fotte, perché di altri cazzi a cui pensare ne ha a fiumi. C’è chi il tempo lo blocca, quando la botta dalla vena siringata si schianta nel cervello maciullato, e tutto il resto è noia. 

Io ero un cinico menefreghista un po’ nerd e tanto egoista, e il tempo mi sembrava sempre di sprecarlo...

l'antisociale


[...] poi la sera si passava all'universita'. era il traditional thursday. tutti i giovedi', sera, notte. erano lattine di birra a non finire, erano cazzate, insulti, sudore, pettegolezzi. erano persone che andavano e venivano, erano persone che passavano lontano per non farsi riconoscere, erano persone che volevano passare del tempo insieme. i freni inibitori scendevano giu' nella stomaco trascinati dalla birra. le ragazze proponevano pesantissimi rum e coca improvvisati al buio, cosi' come improvvisata era la musica che usciva da 2 penose minicasse collegate all'ipod. di tradizionale non c'era nulla, solo il nome. era incredibile l'odio ke mi risiedeva nello stomaco. non riuscivo a capacitarmene. osservavo con lo sguardo assassino ognuna delle tedesche che, troppo grasse o troppo lunghe e magre, coi loro brufoli da pringles nel cuore della notte, insultavano qualunque concetto di proporzione o bellezza o eleganza esistesse in natura. parlavano dei loro ragazzi, dei loro adoni dalle braccia d'acciaio che le avrebbero portate in estasi. si scambiavano foto come figurine, rivelando la vera natura dei loro principi grigio-topo-di-fogna. poi, suddenly, una che mi guardava da un bel po', mi fa:"eh, sai che il mio ragazzo un poco ti assomiglia infatti!". nn ci ho visto piu', ho preso la prima bottiglia che avevo davanti, una tsing-tao da 66, me ne sono scolato il rimanente, e gliel'ho spaccata in faccia. non si dica mai che io spreco le cose. all'improvviso cala il silenzio, mentre la tipa urla col suo forte accento tedesco del cazzo, urla e piange e piscia sangue dappertutto con quella faccia di merda. l'urto e' stato abbastanza violento, devo ammettere, forse per via della sua insulsa faccia ossuta e dei dentoni da coniglio ritardato. nessuno sa cosa fare, io mi giro, lo tiro fuori e piscio, cosi', per prender tempo. intanto si sentono solo la ex-dentona piangere e dell'hip hop commerciale uscire dalle casse:" give it to me give it to me baby!". mi sento stranamente rilassato, felice, svuotato. la notte mi sorride mentre la sfigurata si rotola a terra nel mio piscio, da sola, perche' fa cosi' schifo che neanche le amiche osano toccarla..

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