will-o'-the-wisp of a kitteh

La gente viaggia, e’ vero, ultimamente piu’ che mai. Sempre in movimento, come api impazzite. Si equipaggia di tutte le ultime tecnologie per sfruttare il tempo che quotidianamente usa per percorrere distanze.
Nervosismo. Mi mangio le pellicine fino a meta’ dito. Sento il sangue fuoriuscire, il dolore acuto, alcuni dei sette strati  di epidermide vengono strappati dalle mie mascelle nervose. Al di la’ delle dita, sono comunque impresentabile. Non riesco a stare in mezzo alla gente, ecco tutto. In treno, una signora  si siede accanto a me. Le faccio spazio togliendo il mio zaino dal sedile. Le chiedo come va. Poi inizio:
“L’altro giorno il mio amico A.E. ha bruciato un gatto in un sottopassaggio. Il micino se ne stava li’ a fargli le fusa solo qualche minuto prima, col pelo lucido da cucciolo e gli occhi mezzi chiusi in espressioni goduriose. A.E. inizia a legarli le zampe, sempre accarezzandolo. Gli lega le zampette prima a due a due, poi tutte insieme. Quando il micio si accorge che qualcosa non va e’ troppo tardi. Non potendo stare in piedi si agita come un serpente, a terra, tra i lordi rifiuti che i pochissimi passanti di quel luogo remoto han lasciato. Tira fuori i piccoli artigli, ma le sue difese sono oramai inutilizzabili. Emette dei suoni inumani, un incrocio tra le sirene che, in guerra, si azionavano prima dei bombardamenti per avvertire la popolazione, il pianto di un bambino e le unghie sulla lavagna.”
Intanto il treno prosegue, lento e costante, la tipica andatura del regionale. Guardo fuori dal finestrino, mentre il treno rallenta per l’approssimarsi di una stazione  Un brivido mi sale per la schiena per l’incertezza del futuro prossimo. Chissa’ dove dormiro’, stanotte. Mi volto di nuovo verso la signora. Continuo:
“Insomma il micio cerca di mordere A.E. con i suoi piccoli dentini aguzzi, l’unica arma rimastagli. Si vede di brutto l’istinto di sopravvivenza che gli anima le membra, lo sguardo, gli occhi gialli e intensi come ambra. A.E. ride, come un pazzo. Si scuote e balla come un invasato una musica inesistente con la sua sagoma magrissima e nervosa. Poi tutto d’un tratto smette, si fa serio, mi fissa per qualche istante. Dalle tasche dei pantaloni troppo larghi per lui tira fuori la bomboletta zippo. Si’, quella per ricaricare gli accendini. La svuota addosso al gattino, che intensifica la lamentela costante. Il micino riesce poi a trascinarsi via, verso l’uscita del tunnel, per qualche metro. Uno strascico di salvezza. A.E. lo fa arrivare fin quasi alla fine. Lo vedi che ci gode ad avere il controllo totale della situazione. Poi lo raggiunge e lo riporta indietro a calci. Deve avergli fratturato qualche costola, perche’ il gattino non ha piu’ l’agilita’ di prima, Il lamento si trasforma in rantolo. Forse e’ solo stanco di combattere, la lotta per la sopravvivenza, sebbene abbia una soglia piu’ alta negli animali rispetto all’uomo, deve averlo abbandonato. Il lucido pelo, cosi’ candido inizialmente, e’ nero di sporco e bagnato di benzina. Non c’e’ piu’ alcun tratto di bellezza in quel piccolo pezzettino di catena alimentare. A.E. mi guarda di nuovo, spalanca gli occhi, tira fuori l’accendino e da’ fuoco ad un pezzo di carta. La pubblicita’ di una catena di  negozi di computer. Chissa’ se, stampando quelle pubblicita’, qualcuno si sia mai chiesto se verranno usate per dar fuoco a dei gatti. Fatto sta’ che A.E. lancia il tizzone cartaceo addosso al gattino fradicio di benza, che prende fuoco come la diavolina di un barbeque domenicale. Il cosino infuocato inizia a fischiare, con un suono cosi’ acuto che mi entra nelle ossa. A.E. con lo sguardo interessatissimo si gode le trasformazioni chimiche dei tessuti dell’animale. La carne inizia a sfrigolare. La pallina di fuoco si muove come in un flipper impazzito arrivando fin fuori dal tunnel, fin nell’erba. Il tutto dura pochi minuti, poi smette di muoversi. La carcassa e’ nera, fumante, l’odore di peli e grasso bruciati e’ nauseabondo. A.E.  schiaccia i neri resti con un colpo secco di carrarmato dei suoi anfibi, sparpagliandoli. Mi guarda con un sorriso a trentadue denti.”
La signora del treno ha la faccia come ghiacciata,.Poi, quando finisco di parlare, si riprende e inizia a urlarmi addosso che sono un mostro. Tutti si girano a guardarci. Prendo il borsone e cambio carrozza, tra gli impropreri della donna.

2 comments:

Anonymous said...

ho sognato, appunto, che un sacco di gente ti leggeva e apprezzava, tutti attorno a te a riempirti di elogi e tu con l espressione tra l imbarazzo e la soddisfazione. finalmente un bel sogno, merda!

eh scrivi cazzo, scrivi!

Manuela Scebba said...

che dire? nessun complimento, sarebbe banale... fino all'ultimo pensavo l'avessi preso da qualche libro...
abrazzo

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