Alina... E di quando 3 anni fa decise di imparare a volare...


Me ne  andrò con un salto mortale… e via tutte le esegesi sul termine genocidio e sterminio, a volte non c’è bisogno di pensare in grande, a volte ce n’è bisogno ma  non se ne trovano le forze..
Ti penso e forse più lo faccio più penso di amarti, amo l’idea dei tuoi gesti che sempre più idealizzo nella mia mente, amo la tua figura che immagino perfetta e fluida, contornata dal mondo che però rimane sempre un po’ sfuocato, ad evidenziare il fatto che non ti appartiene...

Forse tutti lo pensano, di certo nessuno lo dice e si pronuncia, evidentemente il politically correct non è mai stato il mio forte perciò ti dichiaro che per me invece sei un chiaro esempio, un emblema di vita, un pattern perfetto composto dalla tua pazzia mentale, dalla pazzia delle tue azioni, della tua esistenza, delle tue scelte, e della tua fine. Fine che hai deciso di concederti, che evidentemente hai desiderato come chiusura di quella tappa di esistenza chiamata vita, e che avevi perfettamente pianificato. Naturalmente intendo il termine pazzia nel migliore dei modi questa si possa intendere.

Sei una rockstar, sei una leggenda, sei una storia breve, sei un romanzo infinito, sei un film, un colossal o un cortometraggio noir, non importa, scegli quello che ti è più consono, meno lineare e ti si adatta meglio.
Avrei voluto parlarti, conoscerti a fondo, avrei voluto far l’amore con te, avrei voluto arrampicarmi con te fin sui tetti delle fabbriche, o fin su alla cima del gasdotto. Ma sono troppo codardo, e anche avendone avuta l’occasione, non penso ti avrei seguito. Avrei voluto drogarmi con te e dialogare sull’infinito, sulla vita, avrei voluto star male al tuo fianco, avrei voluto mangiare e dividere i cheeseburgers scaduti sul retro dei macdonalds, avrei voluto avere i tuoi bubboni neri sul viso e sembrare lo stesso bellissima, come facevi te. Avrei voluto fottermene di tutto e di tutti, fare la vita più libera in assoluto, la più povera e la più ricca, ma te non mi avresti nemmeno degnato di uno sguardo, perché io non riesco ad eccellere, nel bene o nel male, proprio come facevi te.

Oggi di tre anni fa là fuori era freddissimo. Il cielo era grigio perla e l’aria leggermente offuscata da un principio di nebbia. Avevamo tutti gli occhiali da sole. Per difendere le nostre occhiaie della notte prima dalla luce mattiniera. Ah, tra l’altro, ieri ti abbiamo dedicato un brindisi, io e Paolo. Non avevamo 2 bottiglie, ma una sola, di Heineken. L’abbiam divisa. Saresti stata contenta. E la notte prima un altro. A Bologna. Sotto I portici. Io, Chiara e Stefano. Dicevo, stamattina la cerimonia è stata perfetta. C’eravamo tutti. Eravamo così stretti in noi stessi che il solo pronunciare qualche parola di circostanza avrebbe potuto ucciderci. O farci esplodere in un pianto, cosa che, ahimè, ai veri uomini come noi non è concesso. 

Tutti stretti tutti vicini tutti tristi ma tutti colorati, capelli colorati, cani colorati, giubbetti e rasta e creste colorate, exploited tamarri ravers poeti e clochard. Lacrime, fazzoletti. Tuo madre e tuo padre, fantastici. Tua sorella forse anche di più. E c’erano le tue foto dappertutto. Come una rockstar, pronta a firmare autografi. Uscendo, c’era un libro. Non so per cosa servisse, non le so fare queste cose io e odio qualsiasi genere di celebrazione. Ci ho scritto la frase più idiota che mi è venuta in mente, nella mia mente gelata dalla mattina e dalle emozioni di quel momento. Ma anche la più vera. Ci ho scritto:”Arrivederci, we’ll miss u.”.

1 comment:

Anonymous said...

Ricorda un po' la mia vita .. bello comunque, complimenti.

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