Spirito Animale




Quattro cani per strada. C’è anche quello che crede che Babbo Natale sia Gesù da vecchio. Ma chi se ne frega, io mi gratto le pulci, che sono talmente lercio che magari non sono neanche pulci, ma solo sporco incrostato. E mentre alzo la zampa di dietro scivolo rovinosamente a terra. Mal di stomaco lancinante. Mi piego in due, coda tra le gambe. Sto malissimo. Poi il dolore passa, lascia il posto alla nausea, riesco ad alzarmi in piedi e vomito. Tra la sbavazza che avvolge il mucchietto di vomitoso schifo maldigerito intravedo schegge di plastica trasparente. Fottuti bicchieri di birra, mi inculano sempre. Ma è più forte di me, non ci posso far niente. Al biondo malto o agli zuccherosi amari non resisto. Ballo per il mio pubblico di farisei. Ricevo in cambio bicchieri mezzi pieni per la gioia di ragazzini che godono alla vista di un cane randagio mezzo spelacchiato ubriaco, che barcolla e abbaia a un palo. E mangio anche il contenitore della mia ebbrezza. E mi sveglio perché una vecchia che deve pulire l’uscio mi prende a calci urlandomi contro.

Una volta era diverso. Avevo un padrone che si prendeva cura di me. Dormivamo insieme. Sempre.

Un giorno eravamo in giro, leggeri tra le viuzze del centro, la mia coda che andava da destra a sinistra perché tutto era lì con noi, a portata di mano. Passava in quel momento una macchina, una di quelle mercedes anni ’90 guidata solo da papponi e spacciatori. Dentro 2 brutti ceffi in canottiera occupati in risate sguaiate. Vedendoci rallentano. Confabulano per poi ripartire di scatto verso di noi. Drizzo il pelo e la coda, ma non c’era modo di scappare da quella strada troppo stretta. Mi prendono in pieno muso, un dolore lancinante mi assale, miliardi di puntini invadono il mio campo visivo. Ricordo la musica techno della mercedes, le risate insopportabili dei tizi, l’urlo del mio padrone, il fischiare delle gomme, il fumo acre che mi riempiva i polmoni. D’improvviso il dolore viene sostituito da una scarica d’adrenalina, una rabbia secolare mi invade accecandomi, l’istinto primordiale risale controcorrente le mie vene che pompano sangue nero di rabbia. Senza neanche sapere come mi avvento contro il mio padrone, che indietreggia incredulo. Gli salto addosso entrandogli nella carne morbida del collo. Assaporo il sapore e l’odore del sangue, sento tutti i miei antenati esultare in me.

Delle urla tutto intorno a me mi fanno riprendere. Una piccola folla inorridita mi circonda. Alcuni vomitano. Mi volto e vedo il mio padrone acconto alle zampe, inerme, la faccia a terra. Gli estranei cominciano a tirarmi di tutto, sassi, scarpe, bastoni. Scappo, corro veloce come mai avrei pensato di poter fare, attraverso tutto il centro storico fino a uscirne e perdermi nei campi autunnali. Rimango per 3 giorni interni nei brividi delle mie azioni.

Dopo un mese di vagare incontro i miei nuovi compagni di viaggio. Ora siamo quattro cani per strada, ognuno con la sua storia, ognuno con il suo fardello.

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